Partendo dal doppio significato che il verbo riparare ha in italiano, aggiustare e proteggere, si mettono a confronto l’architettura, che da sempre ha il compito di offrire un rifugio e che oggi si propone di riaggiustare preesistenze e tessuti urbani, e la psichiatria, che nella sua storia ha preteso di riparare la mente del folle, proteggendo lui, e al tempo stesso la società, attraverso l’internamento.

Il confronto tra architettura e psichiatria è utile se si progetta il riuso di un ex manicomio, ma diventa indispensabile se il manicomio in questione è quello in cui, nel 1961, nasce la battaglia per i diritti delle persone con disturbi mentali che metterà al bando con la legge Basaglia del 1978 una tipologia architettonica – quella dell’ospedale psichiatrico – divenuta simbolo della negazione di quei diritti.

La storia di questo ospedale, ora parco Basaglia, marginale per antonomasia – uno dei suoi bordi coincide con il confine di Stato – e al tempo stesso al centro di travagliati incroci di culture, identità e lingue, ne fa un luogo emblematico per il contemporaneo.
In questa complessità è stato proposto alla riflessione di più saperi e di diverse pratiche progettuali.